Come ogni ricetta partenopea anche la pastiera fonde mito e leggenda con fatti
veramente accaduti.
Nessuno ha mai mangiato la vera pastiera oppure tutti mangiamo la vera pastiera. Sono entrambe affermazioni esatte. Infatti la ricetta originale della pastiera napoletana è quella conservata da ogni buon mia madre la prepara così), nella zona d’Avellino si prepara con i tagliolini, mentre a Benevento invece del grano si usa il riso.
napoletano, quella che usava sua madre, sua nonna….insomma infinite varianti. Nella stessa regione Campania ritroviamo ben quattro versioni: in costiera Sorrentina la si prepara aggiungendo crema pasticciera. Restando nella tradizione la ricetta originale si mescola la ricotta con le uova. I più temerari (io lo sono) mescolano pure crema pasticciera per dare più morbidezza e leggerezza.
LA STORIA
Storicamente il dolce partenopeo tanto profumato quanto gustoso sembra essere l’evoluzione di un tipo di pane a base di farro e crema di ricotta, preparato in epoca romano che sotto l’imperatore Costantino divenne un dolce religioso preparato per la “confarreatio” cioè le nozze romane.
Era un rito religioso che consentiva ad un patrizio di chiedere la “manus” sulla propria moglie. Una sorta di fidanzamento ufficiale. Non era obbligatorio se i coniugi erano già conviventi e praticavano “affectio maritalis“. Sempre in questo rito, la donna indossava sul capo un velo rosso detto “flammaeum“. La coppia univa le mani “dexterarum iunctio” in segno di approvazione.
Dopo questo rito, veniva preparato un grande banchetto e si consumava questo pane con ricotta.
LA LEGGENDA
La leggenda che mi ha sempre affascinato è quella che vede coinvolta la sirena Partenope….
(per chi non lo sapesse la sirena Partenope rimase affascinata dalla bellissima città di Napoli e scelse di vivere tutte le sue primavere immortali nel suo stupendo golfo). La sirena Partenope rendeva felice i napoletani con i suoi canti e questi per ringraziarla decisero di portarle 7 regali da 7 affascinanti ragazze: la prima portò con se la farina (simbolo della ricchezza del territorio), la ricotta (simbolo della pastorizia partenopea), la terza regalò le uova (simbolo di vita), la quarta il grano cotto nel latte (simbolo del regno animale e vegetale), la quinta con se portò i profumi della terra (i fiori d’arancio), la sesta volle portare le spezie (simbolo delle culture lontane) e la settima portò lo zucchero (dolce come il canto della sirena).

La sirena con tutti questi doni pensò bene di portarli agli DEI che combinarono questi elementi e crearono un dolce che chiamarono “PASTIERA NAPOLETANA” in onore degli abitanti di quel bellissimo paese. Partenope, la dolce sirena, tornò dai mortali e diede in dono questo dolce insegnandone la preparazione.
ODE ALLA PASTIERA
Poco tempo fa scoprii questa bellissima poesia che narra di una leggenda “alternativa” sulla nascita della pastiera (non la traduco perchè è molto intuitiva anche per chi non conosce il napoletano).
A NAPOLI
Tornando a fatti prettamente storici e verificabili basta andare al centro di Napoli e precisamente nel (proprio la strada dei pastori del presepe), famosissimo per la bravura delle monache nel preparare le pastiere. Le monache le preparavano per i signori nobili e l’alta borghesia napoletana (mica per i poveri eh?).
Quando i vassalli ed i servitori andavano a ritirare questi capolavori, tornando nelle dimore dei loro padroni, diffondevano per i vicoli di Napoli l’odore tipico della pastiera (frolla calda ai fiori d’arancio). Tutto questo profumo caratterizzò per secoli (ancora oggi) il periodo di Pasqua a Napoli.
UNA TRADIZIONE NASCE E SI RINNOVA,
PROPRIO COME LA PASTIERA….