L’acqua che bolle…sintesi di una SPECIALE didattica speciale

Sabato 24 Maggio si è concluso il modulo di DIDATTICA SPECIALE, nell’ambito del P.A.S. per la classe di concorso C500 all’università Suor Orsola Benincasa di Napoli.
Apro questo post con un proverbio cinese che, parer mio, ben si sposa con il concetto di didattica:
Se un uomo ha fame non regalategli un pesce, 
poiché mangerà solo un giorno: insegnategli a pescare, 
e mangerà per il resto della vita.”
Il modulo, tenuto dalla prof.ssa M. D’Ambrosio ha dato fastidio, molto fastidio….vi spiego il perchè: noi miseri comuni diplomati (ad eccezione di pochi eletti) a stento riuscivamo a seguire la nostra prof.ssa che come un istrione in aula ci ha introdotti e (tentato) di educare all’importanza della comunicazione e dello STATO DELL’ARTE
Ripeto, ha dato molto fastidio….ma non a me e non a molti colleghi (non la maggioranza, ma poco importa). Mentre altri moduli si sono basati fin’ora su dottrine tecniche, su normative, nozioni e manuali, lei si basava su noi stessi, sul discente.
Cosa non facile per chi come un automa entra in classe, fa l’appello e poi fa leggere il libro e scrivere alla lavagna.
Per me invece (che per spiegare la birra ai miei alunni l’ho comprata e portata in classe e che ho versato un giorno olio a terra in cucina per far capire quanto sia pericoloso) è stato un piacere. Ad ogni modulo mi sonoSENTITO SAZIO.
Chi FA il docente lo sa: motivare lo studente alle prime armi che affronta una materia per lui quasi sconosciuta è impresa fondamentale e delicata e tutta la carriera scolastica e poi lavorativa dipendono fondamentalmente proprio da questo. Il tempo quindi è un fattore importante, da tenere sempre presente…..insomma il tempo è criticità.
E una materia come DIDATTICA SPECIALE non può essere recepita solo basandosi sulle lezioni in aula e solo frequentandola una volta a settimana per circa 2 mesi (quanti incontri sono? 6?).
Ma stranamente, secondo me la prof.ssa M. D’Ambriosio ci è riuscita.
E’ riucita a rompere il ghiaccio, a scacciare pregiudizi e timori (quasi per tutti), a catturare l’attenzione di noi tecnico-pratici, fornendoci stimoli concreti.
Non è una materia semplice, ripeto. E lo si capisce mentre si sfoglia uno dei suoi libri, zeppo di linguaggi specifici e citazioni antologiche che si riferiscono, nella quasi totalità, ad argomenti di filosofia antica e moderna ed a personaggi storici difficilmente presenti nella programmazione di un istituto enogastronomico.
Tuttavia, l’intento, il succo di questo incontri è stato un altro: il sapere non è tutto, è solo incidentalmente di carattere storico-filosofico. Il nozionismo nelle nostre aule, quando stiamo dall’altro lato di una cattedra, è espressamente bandito se non addirittura vilipeso. 
Nella DIDATTICA SPECIALE si parla di scuola, dal punto di vista del discente. Si cerca di penetrare nel suo mondo psicologico, di mettere a nudo mentalità, aspettative, procedure di approccio allo studio. Ma soprattutto, lo si interroga direttamente e ci si rispecchia in lui. Senza giri di parole si colpisce direttamente la sua condizione, scardinando il modus operandi di gentiliana memoria che purtroppo ancora portiamo (anche inconsapevolmente).
Il docente in questo modulo è stato letteralmente trasformato: è diventato uno studioso ricercatore, un rivoluzionario che persegue una conoscenza che ogni anno si rinnova e cambia, come cambiano i volti e le storie dei propri studenti. Un docente investigatore che tramite un’intensa attività dialogica ed un’insano istinto didattico pone all’ordine del giorno un inscindibile binomio tra vita e filosofia, tra comunicazione e penetrazione dell’anima.
Attraverso una partecipazione costruttiva (e chi insegna un metodo di lavoro sa quando essa sia importante) possiamo motivare i nostri studenti stabilendo un canale di comunicazione unico, composto sta un registro linguistico semplice ma DIRETTO.
IL SENSE MAKING (del formare)
il senso delle cose <====> le storie & gli ambienti
Manipolando le intenzioni utilizziamo i codici per caricarli di significato (codice come vettore).
Un poeta “utilizza il codice comune aprendo il proprio senso di vita”. Ed ecco che spunta fuori un nuovo modo di essere insegnante: RICERCATORE, INVESTIGATORE, MOTIVATORE ed ora anche POETA.
Il senso della vita non è soggettivo, ma neanche oggettivo. Non può avere un significato comune agli altri e neanche completo. Chiunque non conosce davvero se stesso e nel corso della propria vita realizza diversi SIGNIFICATI della propria esistenza. Questa ricerca CONTINUA diventa così l’OBIETTIVO COMPLETO DELLA COMUNICAZIONE
Ed un docente (degno di questo nome) si apre attraverso il mondo dell’altro estendendo il proprio cognitivo.
Lo ammetto, non sono argomenti facili a tutti. 
Capisco che chi non è abituato a ragionare in questi termini, a stento comprende davvero il potenziale che incarna un metodo simile di didattica che se affrontata in questo modo non può che farci crescere professionalmente in maniera esponenziale. Sarà che per me risulta facile perchè vengo da un famiglia di insegnanti. Mio nonno materno insegnava a lavorare i metalli e viveva (di e) nell’officina con i suoi allievi, il nonno paterno invece era un cultore della lingua italiana, insegnava lettere e filosofia, storia e latino e incantava tutti quando parlava. Il tempo non mi ha fatto conoscere nessuno dei due, il primo scomparso quando mia mamma era ancora piccola, l’altro quando io ero ancora piccolo…..ma grazie ai racconti dei loro figli e della loro famiglia è come se li conoscessi. E forse l’insegnamento me lo porto dentro, geneticamente: mia mamma tutt’ora insegna italiano e storia e mio padre è stato forse l’insegnante più rivoluzionario che la ragioneria di CASTELLAMMARE DI STABIA abbia mai potuto avere.
E’ attraverso le loro storie, attraverso quelle degli insegnanti che ho incontrato lungo il mio percorso di studi ed attraverso colleghi di lavoro se ho capito che ogni pedagogo è UNICO, con un sistema percettivo unico (come ogni essere vivente) che deve imparare ad usare “muovendosi” come fa la materia stessa di cui siamo fatti (gli atomi sono in continuo movimento). 
Attraverso le parole per praticità noi tutti stabiliamo (per regola) quasi sempre un momento di pausa che ci impedisce di vedere l’ALONE. Bisogna quindi oscillare tra ORDINE e DISORDINE per arrivare alla meta: conquistare LO STATO DELL’ARTE. 
Un modo di vivere e di concepire la vita stessa intrinseco dell’uomo. Agendo per intenzione (non solo per azione) dobbiamo essere spinti a creare. Purtroppo oggi, forse molto più che nell’epoche passate, si manifestano i sintomi di una globale indifferenza.
Indifferenza che noi, corpo docente (a prescindere dalla materia insegnata) possiamo combattere mutandola in interesse verso il continuo apprendimento, verso la creazione di cittadinanza attiva che pensa per agire e creare. 
Dobbiamo diventare e restare 
una pentola d’acqua che bolle.
E questo mutamento ci viene chiesto sopratutto dalla MICROFISIOLOGIA stessa dell’apprendimento: dove la professionalità ed il tecnicismo convivono con la POESIA.
Un’insegnante è quindi: RICERCATORE, INVESTIGATORE, MOTIVATORE, BOLLITORE, POETA ed anche DANZATORE.
Solo “danzando” viene fuori il nostro IO. 
Ricordiamoci che la cognizione parte sempre da qualcosa di REALE e molte volte ci si riconosce nell’altro (non solo per isomorfismo).
La prof.ssa M. D’Ambrosio usa quindi questo concetto finale per motivare una richiesta: scrivere una storia (inventata) osservando una foto.
Il concetto della DIDATTICA SPECIALE  ma non solo, il concetto del VIVERE stesso è semplice per comprensione ma complesso nell’attuazione:
RECUPERARE LA CREATURA VIVENTE
Recuperare noi stessi e chi abbiamo di fronte.
La conoscenza DEVE essere solo il PONTE…. proprio perchè non si finisce mai di produrre senso, di intrecciare dati…..
E TU? COSA NE PENSI?

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