Ieri, sabato 10 Maggio, in una delle aule dell’Università Suor Orsola Benincasa sono rimasto ancora una volta affascinato dalla conoscenza e sopratutto dalle tecniche espositive della prof.ssa M. D’Ambrosio. E’ lei, che tenta disperatamente (con me ci riesce) di inculcare ad una massa di semplici diplomati PEDAGOGIA E DIDATTICA SPECIALE.
Ho scritto “disperatamente” perchè approcciarsi a questa materia, senza le giuste basi, è (secondo me) praticamente impossibile, ma lei ci riesce. In qualche modo la sua capacità di sintesi abbinata ad un modo di comunicare fatto di toni pacati e pause ponderate e ad una continua stimolazione mentale ci fa entrare in contatto con il suo pensiero anche quando è intriso di argomenti non alla portata di tutti; insomma, non è cosa semplice.
Sarà per questo che la prof.ssa insiste con il paragonare un’aula al palco di un teatro e gli alunni ad una compagnia di attori: lei, la nostra oratrice diventa un’attrice, che (ripeto) modula i toni adeguandoli alla varietà dei concetti esposti e (qualità da ammirare, o ci nasci o studi tantissimo per acquisirla) tiene conto della qualità del pubblico al quale si rivolge.
Dal piccolo banco dell’aula universitaria, anche ieri, ho ammirato e gustato quasi fosse l’arringa di un avvocato in un processo penale, mirando a convincere i giudici della bontà delle sue argomentazioni ed associando il vigore logico alla limpidezza espositiva.
Qual’era l’argomento della lezione?
Siamo stati introdotti alla “fenomenologia del suono“.
E per farlo, abbiamo guardato attentamente (quasi tutti) uno spezzone tratto dal film “La Foresta dei Pugnali Volanti“.
E cosa mai centrerà un film orientale improntato sulla cultura del combattimento con le Arti Marziali?
Già in una precedente lezione, la prof.ssa D’Ambrosio aveva proiettato un filmato, un corto di
MARK OSBORNE(
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QUELLO CHE E’ PESANTE,
PUO’ TRASFORMARSI IN LEGGERO
Aldilà della trama del film, (cercate su GOOGLE per leggerla) la scena proiettata consisteva nei primi 15” del film in cui veniamo a conoscenza che (ambientato nel medioevo cinese) l’impero è in declino e ci sono numerosi gruppi di ribelli che tentano di rovesciare il governo. Quello che sembra dare maggiori fastidi si fa chiamare “La casa dei pugnali volanti“. Ai due capitani di una piccola contea viene ordinato di catturare il nuovo capo della setta entro 10 giorni (uno dei due sembra esclamare “ma chiste sò pazz”). Vieniamo poi catapultati in una casa dei piaceri (il Padiglione delle Peonie) dove sembra nascondersi una dei membri della setta. Così, i due capitani escogitano un piano per portar via questa ragazza, senza destar troppi sospetti: mentre uno si fingerà ubriaco, l’altro l’arresterà (per atti osceni in casa chiusa…ahahaha). La ragazza, bellissima, è cieca ma è una grande danzatrice e dopo averci deliziato con una danza della bellezza (sensuale e poetica) e dopo essere stata maltrattata da un uomo lascivo ed ubriaco, parte la scena simbolica, quella che sarà poi lo spunto di riflessione della nostra grande oratrice: la ragazza sospetta pratica “la danza dell’eco” sotto ordine del capitano che assiste come un giudice di un format televisivo.
Circondata da tamburi sui quali il capitano lancia fagioli secchi (da qui il titolo del post), la ballerina cieca ripete le percussioni toccando i tamburi con le lunghe maniche di seta delle sue vesti.
CINEMATOGRAFICAMENTE:
è una scena FENOMENALE dove danza, coreografia, effetti speciali e fotografia proclamano questa scena una delle più belle della storia del cinema (al pari di scene di Fred Astaire e di Gene Kelly). Non esistono parole che possano descrivere veramente i movimenti che sotto l’occhio dello spettatore si fanno sempre più atletici assieme al ritmo che diventa sempre più incalzante, i suoni più veloci, e grazie al rallenting l’occhio riesce a catturare particolari invisibili.
GUARDARE PER CREDERE
A questo punto ripeto la domanda posta in precedenza a cui immediatamente dopo, darò risposta:
E cosa mai centrerà un film orientale improntato sulla cultura del combattimento con le Arti Marziali?
E fu così che la prof.ssa D’Ambrosio, al pari di Cicerone o di Demostene iniziò la sua lezione:
Nei primi 15 minuti del film, nello specifico nella casa dei piaceri, si incontrano l’eroe e l’antieroe.
La scena della violenza e del maltrattamento della donna estrapolata dal contesto e visionata da sola,
sembra apparentemente apatica, fatta da un uomo lascivo ed ubriaco e da una ballerinaprostituta. Ma noi siamo spettatori che
conoscono la trama iniziale e conoscendo il contesto, il significato della scena diventa diverso (
avviene una trasformazione degli elementi).
Ed il docente non deve restare immobile
e contrario alla trasformazione.
Nella scena della “danza dell’eco” il piano dell’ascolto è fortemente trasformato: sappiamo che la ballerina è cieca e quindi sappiamo che durante la danza sta amplificando i suoi sensi, che necessariamente le occorrono per sintonizzarsi sulla realtà e su concetti ed intenzioni dove non occorre la vista (quindi invisibili). Ecco a voi l’intenzione non manifesta.
Il formatore nella quotidianità deve prestare attenzione all’intenzione: INTENZIONALITA’ PEDAGOGICA.
Essa infatti distingue l’agire del professionista da quanti interagiscono con il soggetto in formazione senza un precisa volontà di educare e determina il crinale oltre il quale l’educazione da intenzionale si fa funzionale. La Ballerina si è messa in condizione di essere nello spazio per agire ed interagire.
La danza dell’eco è spettacolare perchè tutti gli oggetti (vestiti, tamburi, armi) diventano vitali per mappare lo spazio ed è importante che qualcunoqualcosa li muova, li tocchi per farli risuonare.
Ogni fagiolo che colpiva il tamburo era un’esplosione dove si agisce e si interagisce.
Ed il docente deve focalizzare l’attenzione,
senza farsi distrarre da eventi disturbanti,
includendoli e permettendo di recepire
l’intenzione dell’altro.
In questa scena nello spettatore si instaura il DUBBIO, volutamente insito nella parte iniziale del film:
- la ballerinaprostituta è un eroe?
- un malvagio?
- è davvero cieca?
- quali sono le sue intenzioni?
Tramite “artifici” come scelta di colori sgargianti, suoni ed effetti speciali, lo spettatore fugge dalla comoda interpretazione e tramite il volere di sciogliere questi dubbi, si mobilita.
Il nostro derma è come la pelle del tamburo,
che se è toccato, ridà qualcosa,
che può essere diffuso come un suono.
Il docente è quindi uno sperimentatore, che attraverso diverse strategie come l’azione ludica, è alla ricerca della comprensione del codice e non del linguaggio.
Il passaggio quindi, non è dal codice al linguaggio, ma dal codice alla storia.
IL DOCENTE DEVE ESSERE PADRONE DEL CODICE
E NON DEL LINGUAGGIO
CHE E’ GIA’ STATO ELABORATO
E QUINDI E’ DEFINITO E LIMITATO.
Il suono viaggia per andare e ritornare in uno spazio, mai in un vuoto. Bisogna quindi, recuperare la sequenza tecnica (il codice) senza rinunciare alla condivisione. Il sapere ed il saper fare partono dalla nostra più intima profondità come la nostra voce.
APRIAMO QUINDI UN RECIPROCO
ASCOLTO CON I NOSTRI ALUNNI
E TU? COSA NE PENSI? SEI D’ACCORDO?