Ho da poco comprato online il libro “Note di cucina di Leonardo da Vinci”
Mi direte voi…cosa c’entra
LEONARDO DA VINCI
con la cucina?
ATTENZIONE, IL SEGUENTE TESTO CONTIENE SPOILER — ATTENZIONE, IL SEGUENTE TESTO CONTIENE SPOILER — ATTENZIONE, IL SEGUENTE TESTO CONTIENE SPOILER
Ebbene, si pensa che LEONARDO DA VINCI facesse il cuoco ed abbia aperto insieme al suo collega (incontrato nella bottega del Verrocchio) SANDRO BOTTICELLI una taverna vicino al Ponte Vecchio a Firenze chiamata: LE TRE RANE. Qui la clientela sceglieva il menù, sia leggendo le pietanze scritte da destra a sinistra dal mancino Leonardo, sia indicando le immagini disegnate dal Botticelli. Il menu stesso era ricco di pietanze: dalla ribollita all’arista, dal baccalà ai ranocchi fritti. Ma purtroppo l’osteria non ebbe lunga vita facendo perdere tracce di se.
Ho fatto un po di ricerche sul web, e sono giunto alla considerazione che si tratti di un affascinante fake-book che vale la pena di leggere. Mi ha molto affascinato, anche se non si tratta di cose vere, penso che ci voglia molta fantasia per comporre un libro del genere.
Va detto che però LEONARDO studiava tutto, anche come migliorare la produzione del vino
Tornando al libro, sempre sul web ho letto che è diviso in tre parti :
- un’introduzione scritta dal presidente del Circolo enogastronomico d’Italia, dottor Marino Albinesi;
- la parte centrale con il curriculum da garzone e chef di DA VINCI intitolata “Leonardo in Cucina“;
- l’ultima parte, il “Codex Romanoff di Leonardo da Vinci” dove vengono studiate le abitudini alimentari del Rinascimento e vengon proposte molte ricette.
Forse leggenda, forse realtà Personalmente, io me lo vedo Leonardo Da Vinci chef, che sperimenta; ma anche un perfetto Party Planner della famiglia degli SFORZA che organizza grandi banchetti di corte e feste. Non sarà stato eccellente come VATEL (inventore della chantilly e l’ice cream) che si suicidò come APICIUS perché il cibo non arriva più in un suo banchetto.
Il libro si base su fatti che si fondono tra mito e realtà ed in particolare su questo fantomatico Codice Romanoff, un insieme di documenti attribuibili a Leonardo teoricamente custodito in Russia, all’Hermitage, ma che il museo e i russi negano di possedere. I coniugi Shelagh e Jonathan Routh (autori del libro), sostengono di riportare gli appunti della copia unica di questo codice, fatta nel 1931.
Sempre online, ho letto che nel libro si tenta di attribuire al genio di Leonardo molte invenzioni che hanno migliorato la vita in cucina come lo schiaccia-noci, il trita-manzo ed il macina-pepe. Inoltre narra la storia della nascita della Taverna delle TRE RANE insieme ad un socio che sarebbe stato nientemeno che Sandro Botticelli. In questa taverna Da Vinci fa i suoi bizzarri esperimenti culinari, ideando piatti inconsistenti tutti centrati su verdure intagliate e bocconcini minimi in stile nouvelle cuisine. Il libro continua descrivendo come Leonardo si ritrovi disoccupato. Torna alla bottega dal Verrocchio a lavorare al Battesimo di Gesù e più avanti inventerà il tovagliolo, il girarrosto, lo “spago mangiabile” tra le corti dei Medici e degli Sforza.
Insomma, dovrebbe essere una lettura leggera e divertente dopotutto.
La cosa che mi fa riflettere un po’ però è che esiste un briciolo di verità nell’interesse di LEONARDO per la cucina. Infatti oltre alle fonti che cita il video visto in precedenza, nel famoso CODICE ATLANTICO, tra appunti e disegni di meccanica, anatomia e geometria, fa capolino qualche progetto che agevola il lavoro dei cuochi: girarrosti meccanici, forni particolari. Inoltre….tutti sappiamo che DA VINCI morì in un castello della LOIRA, precisamente ad Amboise. Ebbene, nella sua ultima dimora si nota che la cucina ha una singolare importanza tra le altre stanze della casa.
Molti studiosi sono d’accordo sul fatto che LEONARDO DA VINCI amasse la cucina, attratto puramente da punto di vista fisiologico e chimico.
Non sapremo mai la verità se DA VINCI avesse fatto il cuoco oppure fosse stato l’inventore di qualche strumento usato in cucina.
Quello che sappiamo è che DA VINCI stesso non si definiva un inventore,
lui stesso si definiva “interprete della natura“