La prima regola per un tatuato:
“Convivere con le proprie scelte“
UN PO’ DI STORIA:
In molte civiltà il TATTOO era utilizzato come una sorta di carta d’identità dell’individuo, come cura contro le malattie, per identificare la propria religione, (sembra infatti che non ne esista una che non abbia provato a decorare la pelle con disegni e simboli).
Le religioni più diffuse vietano i tatuaggi permanenti: la religione ebraica (Levitico 19, 28) ed anche la religione musulmana (quest’ultima permettei tatuaggi temporanei henna).
Storicamente la diffusione di questo “rituale” iniziò con le esplorazioni oceaniche (XVIII sec.). Gli europei conobbero la pratica del tatuaggio : dall’Europa all’Africa, dall’India all’Oceania, i famosi Maori, quelli dei popoli del monte Hagen, giapponesi, cinesi e gli Inuit. Molte personalità influenti iniziarono a tatuarsi. In epoca (quasi) moderna solo per citarne alcuni ritroviamo: lo Zar Nicola II, Sir Winston Churchill, Thomas Edison (inventò anche una tattoo-machine), Teddy Roosevelt…
Stranamente fino a 20 anni fa con il tatuaggio si identificavano carcerati o marinai (oggi giorno ci sono ancora molte persone ottuse ed ignoranti che lo fanno)
Tutta questa premessa era dovuta….
IL TATUAGGIO IN CUCINA
Tra mille fuochi e mille vapori della cucina, tra il lampo del metallo di pentole e coltelli ed il ferro dei grill, è proprio qui, che negli ultimi anni da sotto il bianco immacolato delle giacche degli chef spuntano colorati tatuaggi. Mentre si cucina sulle braccia spuntano disegni di padelle, maiali, pesci coloratissimi e spumosi cup-cakes…
Ormai gli operatori del settore ristorativo usano i tatuaggi per esprimere il proprio individualismo, combattendo l’obsoleta conformità degli ambienti cucina.
Uno dei motivi che spinge un cuoco o un cameriere a tatuarsi può essere proprio la mancanza di diversificazione: si indossano divise, ci si spoglia di anelli e orologi, orecchini e bracciali, non si usano né trucchi né profumi. Chi vive (o ha vissuto il mondo della ristorazione) sa bene che ci si ritrova immersi in un mondo quasi militare, con un ordine gerarchico ben preciso (modellato sulla base del concetto di brigata di Escoffier). E non dimentichiamoci che un grande cuoco è un’artista: la piastra è la sua tavolozza, il coltello il suo pennello. Un grande chef è presuntuoso, è arrogante, sa di essere il migliore perché ama il proprio lavoro e se davvero grande riesce a fartelo amare a sua volta.
L’altro può essere proprio il concetto che un tatuaggio può essere una distrazione, un antidoto alla monotonia o ai ritmi troppo frenetici che molto spesso negano qualsiasi hobbies per mancanza di tempo. Il tatuaggio riesce a rinnovare l’entusiasmo, a rimotivare e rinvigorire la passione per il cibo. Qualsiasi “chef inchiostrato” ha almeno un tatuaggio che richiama alla sua professione….alcuni si tatuano addirittura per coprire le bruciature.
IN ITALIA
Viviamo nel 2013 (tra poco nel 2014) e dobbiamo sapere come difenderci e rispondere a tono a queste “provocazioni del piffero” (piffero non ha lo stesso impatto del suo sinonimo ma rende bene l’idea). Dobbiamo difendere noi stessi e non assecondare quel troglodita del nostro superiore indossando una camicia o cercando di coprire il nostro tattoo.
L’Italia è ancora un paese dove vive troppa ignoranza; esiste una profonda polemica che molte volte scaturisce tra molti operatori del settore ristorativo quando leggiamo qualche annuncio di lavoro o ci presentiamo ad un colloquio di lavoro e ci viene sottolineato che “nel loro locale non possono lavorare persone con tatuaggi a vista“. Addirittura qualcuno (asino ed ignorante) afferma che “chi ha tatuaggi per motivi IGIENICI non puo’ lavorare a contatto con il cibo”.
Tempo fa sul quotidiano “LA STAMPA” ho letto che i tatuaggi in posti visibili non fanno trovare lavoro a causa dell’immagine negativa agli occhi delle persone che questa “forma d’arte” porta da sempre con sé. I responsabili che selezionano il personale sostengono che l’idea che si fa un cliente vedendosi servito da una persone tatuata è quella di vedere di fronte un dipendente “aberrante”, “ripugnante”, “sgradevole” e “disordinato” proiettando in questo modo un’esperienza di servizio negativa. A mio parere una proiezione fatta sulla base dell’idea stereotipata che le persone tatuate sono teppisti e drogati
NEGLI STATES
Oltre oceano (U.S.A.) troviamo numerosi chef e maitre che sono tatuati, addirittura è stato coniato il termine KITCHEN INK. Infatti molte “eccellenze” del settore food sono tatuate. Alcuni chef stellati affermano di essere liberi di mostrare i proprio tattoo perchè l’importante è saper cucinare.
Ecco una lista degli chef che oltre ad amare la cucina amano i tattoo:
Jamie Lauren,
executive chef del ristorante Absinthe
(ha le braccia totalmente decorate con fiori e stelle marine);
Mourad Lahlou,
executive chef del ristorante Aziza
(i suoi tatuaggi nerissimi coprono braccia e petto);
Joe Bailey (a destra) e James LaLonde (a sinistra)
del famoso ristorante Maverick
Eric Tucker,
executive chef del famosissimo ristorante vegetariano
Millennium che mostra il suo tattoo
Daniel Ponder,
chef dell’itinerante Phoenix Supper Club
Richie Nakano,
chef del Nopa, che ha un intero braccio decorato
Nate Appleman,
chef pluripremiato del Chipotle Mexican Grill
LA LEGGE IN ITALIA
Gli esempi che ho fatto fin’ora si riferiscono ad una realtà troppo moderna per noi italiani. Concetti troppo lontani….e allora torniamo nel nostro paese. Ho accennato prima che in Italia molti ristoratori non fanno lavorare persone con tatuaggi a vista e motivano questo divieto affermando che la legge è dalla lor parte e che non è igienico avere personale tatuato nelle loro cucina.
L’affermazione: “una persona tatuata puo’ sembrare poco pulita” puo’ essere facilmente sfatata. Esistono fattori reali che ci fanno capire se una persona è “sporca” (cioè non cura la propria igiene personale): stato dei indumenti indossati, capelli, viso, profumo….
Per quanto riguarda la presunta legge bisogna rivedere le norme della temutissima H.A.C.C.P. (cioè l’analisi del pericolo ed il controllo dei punti critici). Questo sistema (OBBLIGATORIO IN EUROPA IN TUTTO IL SISTEMA PRODUTTIVO-ALIMENTATE) ha lo scopo di monitorare e aiutare a gestire i C.P. (i critical point o punti critici) cioè tutte quelle fasi in cui un alimento può essere contaminato da batteri patogeni o da sostanze chimiche.
Questo sistema viene “configurato” e personalizzato a seconda del tipo di struttura che viene analizzata. Diventa così un vero e proprio manuale.
Alla voce NORME DI IGIENE PERSONALE, gli obblighi comportamentali di un dipendente sono:
- le unghie devono essere ben corte, pulite nello spazio sotto-unghiale, e prive di smalto;
- è buona norma spogliarsi di anelli, braccialetti, orologi, orecchini pendenti, collane: alcuni di tali monili rappresentano un impedimento al corretto lavaggio delle mani (braccialetti, anelli, orologi), tutti sono facile veicolo di germi e possono cadere sugli alimenti;
- i capelli devono essere completamente raccolti nel copricapo;
- è indispensabile evitare abitudini personali sconvenienti, sul piano igienico, quando si manipolano alimenti, quali il toccarsi i capelli, la faccia, la bocca, il naso, le orecchie;
- evitare di starnutire o tossire sugli alimenti: voltarsi e mettere la mano davanti la bocca, dopodiché lavarsi le mani;
- per soffiarsi il naso usare solo fazzoletti di carta usa-getta;
- evitare il contatto diretto delle mani con gli alimenti utilizzando cucchiai, spatole, coltelli, pinze, ecc., correttamente sanificati; ove non risulti possibile od agevole l’utilizzo di utensili, manipolare gli alimenti con guanti monouso e mai direttamente con le mani.
Il Manuale continua indicando anche ulteriori obblighi e divieti:
- la divisa da indossare durante il lavoro è costituita da: indumenti (giacca, camicia, etc., a seconda del lavoro), grembiule in cotone, cuffia o copricapo, un paio di zoccoli; durante le pulizie non deve essere indossato il grembiule;
- la divisa deve essere sempre pulita ed in ordine e cambiata frequentemente;
- i camici bianchi e gli zoccoli vanno indossati prima di iniziare il servizio;
- gli operatori, prima dell’inizio dell’attività, devono controllare che il camice sia pulito;
- gli indumenti costituenti la divisa devono essere indossati esclusivamente nel posto di lavoro;
- gli abiti indossati al di fuori del posto di lavoro vanno lasciati in appositi armadietti e questi ultimi devono essere tenuti in ordine;
- gli abiti ed i dispositivi di protezione igienica in caso di usura o deterioramento devono essere prontamente sostituiti;
- le calzature utilizzate sul posto di lavoro devono essere pulite;
- il fumo ed il mangiare sono rigorosamente vietati durante le fasi lavorative anche nei locali non adibiti a mensa;
- è vietato assaggiare il cibo con le dita; per eventuali assaggi porre su un piatto il cibo da assaggiare;
- è vietato manipolare alimenti senza aver protetto tagli, infezioni, foruncoli ecc. con gli appositi guanti di gomma.
Dopo questa simpatica lettura sfido chiunque a trovare argomenti annessi alla presenza di tatuaggi. Vi anticipo che forse l’ultimo “divieto di manipolazione avendo infezioni” puo’ riguardare chi ha da poco fatto un tatuaggio. In questo caso, e solo in questo, essendo un tatuaggio “fresco” veicolo di contaminazione, si fa divieto di lavorare.
Concludendo questo esaustivo post si capisce che assumere personale in cucina o sala che ha tatuaggi in vista diventa una scelta puramente soggettiva.
DOBBIAMO CAMBIARE IL MODO DI VEDERE GLI ALTRI
Non è così secondo voi?